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23 novembre 2024

Nota della Commissione Carcere in materia di DDL Sicurezza in Senato - gravidanza e detenzione

Il ddl Sicurezza presentato dal Ministro dell’Interno, dal Ministro della Giustizia e dal Ministro della Difesa, approvato dalla Camera dei Deputati il 18 settembre 2024, in discussione ora al Senato, prevede, fra le varie misure repressive, all’articolo 15, comma 1, la modifica gli articoli 146 e 147 C.P., rendendo facoltativo, e non più obbligatorio, il rinvio dell’esecuzione della pena per le condannate incinte o madri di figli di età inferiore ad un anno e disponendo che le medesime scontino la pena, qualora non venga disposto il rinvio, presso un istituto a custodia attenuata per detenute madri. Inoltre, è previsto che l’esecuzione non sia rinviabile ove sussista il rischio, di eccezionale rilevanza, di commissione di ulteriori delitti.

Il disegno di legge, introducendo una discrezionalità nella valutazione del Giudice se la detenuta è ritenuta ad alto rischio di recidiva, appare inaccettabile perché costringe le donne incinte e le madri di bimbi in tenerissima età in carcere o negli istituti a custodia attenuata, anziché perseguire l’istituzione in ogni Regione di case-famiglia per le detenute madri ed i loro figli,  contesti sicuramente più adeguati sia per i minori, sia per la realizzazione della finalità rieducativa della pena.

Nella Memoria scritta in occasione dell’audizione in Senato dell’8 ottobre 2024 il dr. Armando Spataro (già Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino  e componente del CSM) ha avuto modo di criticare aspramente, tra le altre, la norma in questione, rilevandone in primo luogo la pericolosità dal punto di vista della tutela pedagogica del minore; in secondo luogo, il “netto contrasto con quanto previsto dalle Regole penitenziarie europee, secondo le quali le detenute devono essere autorizzate a partorire fuori dal carcere (Regola 34.3 delle Regole delle Nazioni Unite relative al trattamento delle donne detenute e alle misure non detentive per le donne autrici di reato, altrimenti conosciute come ‘Regole di Bangkok’), in quanto è impossibile prevedere quando avverrà il parto”; infine, la palese conseguenza discriminatoria e razzista che la stessa porta con sé, dal momento che il Governo non ha fatto mistero della finalità di colpire, in particolare, le madri rom dedite al furto e che scelgono la maternità proprio per sottrarsi alla carcerazione.

La Camera Penale Veneziana, in particolare con la sua Commissione Carcere, ha da sempre tenuto il faro accesso sulla situazione dei minori, data in particolare la presenza nel territorio dell’ICAM alla Giudecca.

Pretendere che le donne partoriscano in carcere e scontino lì la pena, accanto ai loro neonati, è una pericolosa e disumana deriva.

E, purtroppo, non si contano le notizie ed i casi delle gravidanze interrotte anche a causa delle precarie condizioni degli Istituti di Detenzione.

Sosteniamo, dunque, con forza, che nessun bambino e bambina debba stare in carcere, in quanto luogo dove la relazione madre-bambino non può essere serena; allo stesso tempo, il carcere non può essere il luogo ove una donna possa portare avanti in condizioni di sicurezza e dignità la propria gravidanza e, infine, partorire.

Sosteniamo e aderiamo, pertanto, alla battaglia di quanti, nella società civile, si stanno impegnando affinché questa proposta di modifica normativa venga espunta dal DDL.

Più in generale, chiediamo alla politica ed alla società di guardare con maggiore e profonda umanità alla situazione detentiva delle future madri e delle madri condannate e  dei  bimbi costretti al carcere loro malgrado, quale aspetto della grave e pericolosa condizione che affligge l’intero sistema carcerario italiano, oramai fuori dal perimetro di una pena secondo Costituzione.

Camera Penale Veneziana - Commissione Carcere

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